La tragedia della guerra raccontata dalla musica: dalle proteste di Bob Dylan alla struggenza narrativa di De Andrè, passando per la critica riflessiva di De Gregori e a quella sfrontata e corrosiva dei Doors.
La guerra è sempre stato uno degli argomenti più ricorrenti nella cultura della musica rock.
La tragicità che caratterizza la guerra si presta a narrazioni letterarie, trasposizioni cinematografiche, ma anche nella musica trova largo spazio, soprattutto a partire dagli anni '60.
In quegli anni si assiste ad una rivoluzione culturale che nel '68 tocca il suo apice. Sono gli anni in cui Bob Dylan protesta per le città americane con "Blowin in the wind"; i Beatles "fabbricano "la musica moderna consegnando album come "Sgt Pepper lonley hearts club band"; i Doors e gli altri promotori della psichedelia spopolano fra i giovani. Nel frattempo gli USA stanno combattendo la guerra in Vietnam che diventerà la prima sconfitta militare americana. Proprio il Vietnam è il leit motiv di tanta produzione musicale del periodo, dove le proteste e le contestazioni si susseguivano per tutta l'America e l'Europa.
The Unknown soldier
lunedì 24 maggio 2010
giovedì 13 maggio 2010
Rock fra cultura e spettacolo
Si sente dire in giro, spesso e volentieri, che la musica è spettacolo. Oppure che la musica è intrattenimento. Considerando che la televisione nelle sue trasmissioni "affitta" di tanto in tanto qualche canzone di De Gregori per esempio, magari come stacchetto musicale di qualche varietà o talk-show o un "salotto televipparo", beh..certamente la canzone si può intendere come spettacolo o intrattenimento. Solo che, quando una di queste trasmissioni manda "La donna cannone"ci si accorge della dissonanza fra canzone e contesto (televisivo ovviamente). Non è l'ennesimo attacco al sistema della televisione, ma una considerazione dettata dalla passione per la musica, quella vera, con la M maiuscola, e dal tentativo di preservarla e circoscriverla in un contesto più adatto.
Senza dubbio una canzone possiede caratteristiche tipiche dello spettacolo e dell'intrattenimento, ma non è lo stesso spettacolo "volgarizzato" della tv. Le canzoni non possono essere assimilate al telegossip perchè nelle canzoni si intravede la realtà delle mondo, dei sentimenti, dei problemi, mentre in televisione, tutto è fiction, nonostante ci vogliano fare capire il contrario, cioè che la vita è quella trasmessa 24h su 24 del Grande Fratello.
John Lennon sosteneva che "i Beatles diventano sempre più popolari di Gesù Cristo e il rock non morirà, se morirà, prima del cristianesimo". Affermazioni come queste sono entrate nella storia, ma lasciando perdere il tono provocatorio, sono indicatori di una certa rilevanza della musica nella cultura di una società. Già, la cultura. Quella parola astratta che designa icone concrete, come la letteratura, il teatro, la scienza, l'architettura. Ad un primo impatto ci si potrebbe chiedere perchè i Pink Floyd dovrebbero far parte della cultura insieme a Dante o Galileo. Ma pensandoci meglio, la cultura è un libro al cui interno si trovano tutte le forme possibili di una società, per cui nel "libro" della cultura occidentale s'incontrano teorie della relatività, due amanti segreti di nome Romeo e Giulietta, sottomarini gialli psichedelici, tecniche di urbanistica contemporanea, equazioni esponenziali, barbieri di siviglia, girasoli dipinti su tela, e Bob Dylan che canta "Mr Tamburine man".
Proprio negli anni in cui parlava John Lennon stava nascendo la musica pop, intesa come espressione artistica popolare, usando il termine "popolare" nella sua accezione più vera e completa. Certamente nella cultura popolare l'uso dei mass-media è strategico, e anche la musica ne ha usifruito e ne usufruisce ancora oggi. Il problema è che con gli anni si è passati dal termine "popolare" a quello di "massa", che riassume un pò i tempi che stiamo vivendo
La visione artistica della musica è rimasta del tutto intatta per la "vecchia musica", ovvero quella classica, che certamente non poteva e non può sfruttare i mezzi di comunicazione di massa come può fare il rock. Ma se sfruttare il medium significa mercificare e commercializzare la musica, allora forse sarebbe giusto chiamare quella musica con altri termini, perchè si potrebbe incorrere nell'errore in quanto la parola musica si trova già scritta sul libro "Cultura".
Senza dubbio una canzone possiede caratteristiche tipiche dello spettacolo e dell'intrattenimento, ma non è lo stesso spettacolo "volgarizzato" della tv. Le canzoni non possono essere assimilate al telegossip perchè nelle canzoni si intravede la realtà delle mondo, dei sentimenti, dei problemi, mentre in televisione, tutto è fiction, nonostante ci vogliano fare capire il contrario, cioè che la vita è quella trasmessa 24h su 24 del Grande Fratello.
John Lennon sosteneva che "i Beatles diventano sempre più popolari di Gesù Cristo e il rock non morirà, se morirà, prima del cristianesimo". Affermazioni come queste sono entrate nella storia, ma lasciando perdere il tono provocatorio, sono indicatori di una certa rilevanza della musica nella cultura di una società. Già, la cultura. Quella parola astratta che designa icone concrete, come la letteratura, il teatro, la scienza, l'architettura. Ad un primo impatto ci si potrebbe chiedere perchè i Pink Floyd dovrebbero far parte della cultura insieme a Dante o Galileo. Ma pensandoci meglio, la cultura è un libro al cui interno si trovano tutte le forme possibili di una società, per cui nel "libro" della cultura occidentale s'incontrano teorie della relatività, due amanti segreti di nome Romeo e Giulietta, sottomarini gialli psichedelici, tecniche di urbanistica contemporanea, equazioni esponenziali, barbieri di siviglia, girasoli dipinti su tela, e Bob Dylan che canta "Mr Tamburine man".
Proprio negli anni in cui parlava John Lennon stava nascendo la musica pop, intesa come espressione artistica popolare, usando il termine "popolare" nella sua accezione più vera e completa. Certamente nella cultura popolare l'uso dei mass-media è strategico, e anche la musica ne ha usifruito e ne usufruisce ancora oggi. Il problema è che con gli anni si è passati dal termine "popolare" a quello di "massa", che riassume un pò i tempi che stiamo vivendo
La visione artistica della musica è rimasta del tutto intatta per la "vecchia musica", ovvero quella classica, che certamente non poteva e non può sfruttare i mezzi di comunicazione di massa come può fare il rock. Ma se sfruttare il medium significa mercificare e commercializzare la musica, allora forse sarebbe giusto chiamare quella musica con altri termini, perchè si potrebbe incorrere nell'errore in quanto la parola musica si trova già scritta sul libro "Cultura".
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